Un bilancio può essere un rendiconto tra entrate e uscite, uno strumento di controllo, un metodo per fare il punto dopo una serie di esperienze.
E poi c’è una sua versione evoluta, che consiste in un processo di rendicontazione delle performance economiche, ma strettamente collegate a quelle sociali e ambientali: si tratta del bilancio di sostenibilità.
Un report che poche realtà in Italia sono obbligate a redigere, ma che qualifica in maniera precisa e puntuale le imprese che volontariamente lo scelgono come strumento di trasparenza, controllo interno, gestione e responsabilità, anche nei confronti dell’utilizzo efficiente delle risorse e delle emissioni (e gli aspetti energetici sono quindi fondamentali).
Il bilancio di sostenibilità è un documento che ha lo scopo di rendicontare a una pluralità di soggetti i risultati economici, sociali e ambientali generati dall’azienda nello svolgimento delle proprie attività, anche con lo scopo di porsi degli obiettivi e di raggiungerli, comunicandoli nei successivi bilanci.
Un documento guidato dai principi di responsabilità e trasparenza, che va al di là dei tradizionali bilanci d’esercizio previsti dal codice civile. Un’analisi degli impatti (sia positivi che negativi) che l’attività quotidiana può avere sul contesto che la circonda, sia in termini di ambiente che di persone e relazioni.
Così come l’azionista deve essere informato sui potenziali margini di profitto, i dipendenti devono essere a conoscenza di tutte le opportunità che possono cogliere nel loro percorso lavorativo, la popolazione locale deve essere consapevole dell’impatto delle fabbriche sul territorio, i fornitori devono sapere in che modo la materia prima viene trattata o i rivenditori hanno il diritto di conoscere le condizioni di lavoro interne all’azienda.
Per formulare un bilancio di sostenibilità, lo standard più utilizzato a livello internazionale è quello della Global Reporting Initiative (GRI), un’istituzione indipendente nata con lo scopo di aiutare pubblico e privato a comprendere, misurare e comunicare l’impatto di una qualsiasi attività sulle varie dimensioni della sostenibilità.
Lo standard più recente risale al 2016, ed è diventato ormai un punto di riferimento.
Gli standard si compongono di linee guida suddivise in tre livelli:
Per articolare il processo che porta alla redazione del piano, è necessario comprendere prima il concetto di materialità. Per materialità s’intende l’insieme degli aspetti che possono avere un impatto significativo sulle performance economiche, sociali e ambientali delle società, e che quindi potrebbero influenzare le valutazioni e le decisioni degli stakeholder.
Il percorso di reporting si articola in sei fasi:
Il bilancio di sostenibilità è obbligatorio (una volta l’anno) per le aziende quotate con un numero di dipendenti superiore a 500 unità, con un totale di ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 40 milioni di euro o uno stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro (identici criteri dimensionali validi anche per le aziende del settore bancario assicurativo).
Tuttavia, sempre più aziende scelgono in maniera volontaria di dotarsi di questo strumento con un doppio fine: