Esattamente come nel caso delle famiglie, anche le piccole e medie imprese quando devono leggere la bolletta elettrica si ritrovano a dover decifrare una serie di voci poco comprensibili che contribuiscono al computo totale.
Se non si conosce nel dettaglio il significato di tutte queste componenti non si riesce a capire quanto si sta pagando per l’elettricità e, dunque, non si riesce a valutare con la necessaria perizia se sia il caso di cambiare contratto o fornitore o, ancora, se è necessario adottare soluzioni per contenere i consumi. Vale la pena, quindi, di fare un po’ di chiarezza.
Mentre le grandi imprese e quelle energivore negoziano contratti di approvvigionamento direttamente con i fornitori, le PMI possono scegliere una delle proposte messe a disposizione dalle società di vendita dell’energia per i clienti non domestici oppure adottano il regime di “maggior tutela” regolato dalle tariffe decise trimestralmente dall’Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente).
Alle utenze non domestiche nel servizio si tutela è riservata la categoria tariffaria BTA (Bassa Tensione Altri usi), che riguarda, in particolare, negozi, uffici, locali commerciali, capannoni, piccole aziende connesse in bassa tensione, oltre al contatore dei condomini e alle utenze dei box.
Sempre come accade per la bolletta dell’elettricità domestica, esistono differenti tariffe previste a seconda della potenza impegnata: dalla tariffa BTA1 per potenze inferiori o uguali a 1,5 kW, sino alla BTA6 per utenze per potenze superiori a 16,5 kW.
Le differenze di costo in bolletta dovute alle quote fisse legate alla potenza possono essere rilevanti, da meno di 300 euro l’anno a oltre 600.
Oltre alle informazioni relative all’utenza (come il POD che contraddistingue il punto fisico in cui avviene la fornitura di energia), le caratteristiche della fornitura (tipologia di cliente, potenza impegnata e potenza massima disponibile), le letture sui consumi e molto altro, la bolletta riporta alcune macro-voci di spesa per gli importi fatturati, che a loro volta sono suddivise in varie componenti, alcune fisse e altre che sono invece legate ai consumi:
Secondo i calcoli di Confcommercio, per le imprese del settore terziario in regime di maggior tutela la componente energia vale circa il 34% della bolletta complessiva, seguita a poca distanza dagli oneri di sistema (28,5%), dall’IVA (18%), dai costi per le infrastrutture e il trasporto (circa 15%) e dalle imposte (5%).
È la più importante della bolletta e contiene il costo che varia a seconda del fornitore. Il computo totale comprende una parte di costi fissi euro/anno e una parte di costi variabili in base ai consumi (euro/kWh).
Nel dettaglio, il prezzo complessivo è dato dalle seguenti componenti: energia (PE) ossia il costo in euro/kWh che si applica all’elettricità effettivamente consumata; dispacciamento (PD), ossia il costo relativo alle attività svolte per mantenere la rete elettrica in equilibrio, si applica all’energia consumata in euro/kWh; perequazione (PPE), che assicura che gli importi pagati dai clienti coprano effettivamente i costi sostenuti per la fornitura di energia, si applica anch’esso all’energia consumata in euro/kWh; commercializzazione vendita (PCV), che remunera i costi fissi sostenuti dalle società di vendita per svolgere le attività di gestione commerciale dei clienti e si applica in quota fissa euro/anno; componente di dispacciamento (DispBT), che serve a compensare la differenza tra gli importi complessivamente versati tramite la componente PCV e i costi di gestione commerciale riconosciuti alle imprese di vendita, si applica in misura fissa (euro/anno) a credito del cliente.
Comprende l’imposta di consumo (accisa) e l'imposta sul valore aggiunto (IVA). L'accisa si applica alla quantità di energia consumata e viene suddivisa in base ai consumi in due scaglioni: forniture fino a 1.200.000 kWh/mese e forniture oltre i 1.200.000 kWh/mese, con un valore più alto per i primi 200.000 kWh consumati. L’IVA si applica sull’importo totale della bolletta e per le utenze non domestiche è pari attualmente al 22%. Alcune attività manifatturiere godono di una quota di IVA ridotta pari al 10%.