Per ridurre drasticamente i consumi sono necessari interventi sull’involucro edilizio e sull’impianto di riscaldamento, con caldaie a condensazione di ultima generazione e riscaldamento “zonale”.
Il parco edilizio scolastico italiano è molto vecchio.
Quasi il 60% degli edifici è stato costruito prima del 1976, anno in cui è entrata in vigore la prima legge sul contenimento del consumo energetico degli edifici (legge n. 373), e, nonostante gli sforzi degli ultimi anni, presenta ancora caratteristiche strutturali e impiantistiche largamente inadeguate a garantire livelli sufficienti di efficienza energetica.
È per questo motivo che tra i settori che pesano di più sui conti pubblici alla voce bollette c’è proprio la scuola (per un’analisi completa sul settore della PA di veda la "Guida all’efficienza energetica nella Pubblica Amministrazione").
Il Cresme stima che in Italia ci siano 52.000 edifici adibiti ad uso scolastico per una superficie coperta complessiva pari a 73,4 milioni di metri quadrati.
Questi numeri comportano, secondo i dati aggiornati al 2014, consumi annuali pari a oltre 9,6 TWh (di cui 1,4 TWh elettrici e 8,2 termici) e una spesa pari a 1,3 miliardi di euro.
Intervenendo solo sugli edifici più vecchi ed energivori (il 20% del totale) si potrebbe ridurre il fabbisogno energetico di oltre il 48%, risparmiando 169 milioni di euro ed evitando l’emissione di 312.000 tonnellate di CO2.
Gli interventi di maggiore efficacia sugli edifici scolastici sono quelli volti alla riduzione del fabbisogno termico.
Oltre alla ristrutturazione dell’involucro edilizio per ridurre le dispersioni (cappotto termico, serramenti a taglio termico basso emissivi, ecc.), la qualità dell’impianto di riscaldamento è fondamentale.
La dotazione attuale vede nel 97% dei casi impianti di tipo tradizionale, prevalentemente alimentati a gas, seguito da gasolio e olio combustibile (utilizzati ancora in oltre il 20% dei casi).
Il 61% degli edifici, inoltre, possiede un unico sistema di regolazione della temperatura.
Per migliorare la prestazione energetica di tali impianti è possibile adottare diversi interventi, dal più semplice al più complesso: solo una corretta diagnosi energetica effettuata da un EGE o da una ESCO può indicare quello idoneo.
Dalla fine 2015 è possibile istallare solo caldaie a condensazione, caratterizzate da un elevato rendimento grazie al recupero del calore dal vapore acqueo presente nei fumi di scarico.
I massimi rendimenti si ottengono con sistemi di riscaldamento a basse temperature (30-40 °C) in abbinamento a pannelli radianti.
Spesso si verifica che le centrali termiche degli edifici scolastici siano sovradimensionate, determinando un notevole spreco di energia.
La determinazione esatta dei volumi da riscaldare e dell’orario di utilizzo (non bisogna dimenticare che l’utilizzo delle scuole è parziale) è fondamentale per stabilire il corretto dimensionamento dell’impianto.
Il picco massimo di potenza è richiesto al mattino, più o meno tra le ore 6 e le 8; dopodiché i carichi si attenuano notevolmente.
È importante, quindi, la potenza di spunto di inizio giornata, per ottenere il regime di temperatura desiderato in poche ore. L’installazione di valvole termostatiche intelligenti consentirà poi una gestione del riscaldamento “zonale” e temporizzato.
L’installazione di caldaie a condensazione modulanti, dove il bruciatore varia il proprio funzionamento in funzione del fabbisogno termico, consente di ridurre ulteriormente consumi ed emissioni.
Un esempio di riqualificazione dell’impianto di riscaldamento all’insegna dell’efficienza e dell’ottimizzazione delle risorse arriva da San Michele All’Adige (TN), dove la Fondazione Edmund Mach, un istituto fondato nel 1874 che svolge attività di ricerca e formazione nell’ambito agro-alimentare e forestale, ha deciso di sostituire la caldaia a biomassa esistente, alimentata con biomasse legnose del Trentino, con lo scopo di adempiere alle nuove normative regionali sulle emissioni e migliorare l’efficienza complessiva.
Così, nel 2014, è stata installata una nuova caldaia a biomassa Viessmann Vitoflex 300-FSR da 3,3 MW di potenza, dotata di un nuovo filtro elettrostatico e di un nuovo sistema di estrazione fumi.
L’impianto assicura rendimenti eccellenti e minime emissioni di ossidi di azoto (NOx) e polveri.