Riduzione dei costi specifici dell’organizzazione e abbattimento delle emissioni sono i principali vantaggi dell’efficienza energetica, ma non gli unici. Riassumiamo qual è l’iter da seguire per avviare un percorso virtuoso.
Promuovere l’efficienza energetica significa avviare un percorso per consumare meno risorse e per utilizzarle nel miglior modo possibile, riducendo i costi della propria attività e aumentando la competitività: in pratica si consuma (e si spende) di meno per fare le stesse cose.
L’efficienza energetica dovrebbe sempre rappresentare un obiettivo strategico per le imprese. Non solo. L’efficienza energetica è anche una delle armi più importanti - se non la più importante - per ridurre le emissioni e combattere il cambiamento climatico.
Sintetizzando, si può affermare che per le imprese migliorare l’efficienza energetica consente di ottenere questi vantaggi:
Di seguito introduciamo gli ambiti di azione generali dell’efficientamento energetico nelle imprese e l’approccio metodologico che deve essere utilizzato. Partiamo ora dallo scenario dei numeri e degli obiettivi nazionali.
Il Protocollo di Kyoto, trattato internazionale siglato da 180 Paesi nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, pone l’efficienza energetica al centro dei propri obiettivi per il contrasto al cambiamento climatico. L’Europa, con la Direttiva Europea 2009/29 conosciuta anche come piano “20-20-20”, ha dettato ai suoi Stati membri specifiche misure in materia, da adottare entro il 2020:
Gli obiettivi di efficienza energetica dell'Italia al 2020 sono definiti dal Decreto legislativo n. 102 del 2014, che recepisce la Direttiva Europea sull’efficienza energetica: l’obiettivo è conseguire un volume di risparmi cumulati pari a 25,5 Mtep (Tonnellate equivalenti di petrolio) di energia finale (ossia l’energia effettivamente a disposizione degli usi finali, al netto di perdite e sprechi) nel periodo 2014-2020, per arrivare al traguardo finale con un consumo di energia primaria di 158 Mtep e di energia finale di 124 Mtep.
A che punto siamo rispetto a questi obiettivi?
Secondo il Rapporto Annuale sull’Efficienza Energetica 2018 dell’Enea, nel 2016 la domanda nazionale di energia primaria è stata di 154,7 Mtep e nel 2017 dovrebbe essersi attestata attorno ai 155 Mtep.
Risultati decisamente soddisfacenti, quindi, raggiunti grazie agli incentivi statali messi a disposizione (certificati bianchi, detrazioni fiscali per l’edilizia, conto termico, nuovi standard normativi, interventi per la mobilità).
Tuttavia, dopo gli anni di crisi che hanno rallentato la produzione industriale, ora i consumi stanno nuovamente crescendo. Inoltre, mentre il settore residenziale è già praticamente arrivato alla sua meta, l’industria italiana è ancora a metà del percorso, mentre sono molto in ritardo sia i trasporti che il terziario. Nel frattempo, la Strategia Energetica Nazionale del 2017 ha già alzato l’asticella ponendo i nuovi obiettivi di efficienza energetica per il 2030, che indicano un risparmio energetico del 30% rispetto all’andamento tendenziale. C’è quindi ancora molta strada da percorrere.
Ogni strategia di efficientamento energetico nell’ambito delle imprese va studiata e personalizzata per la specifica attività, sulla base dei suoi consumi e della tipologia di impianti. In generale, però, si possono individuare questi ambiti di azione:
Esiste uno schema generale che ogni percorso di efficientamento deve seguire per approdare a risultati concreti. Ecco le fasi principali:
Ad oggi non tutte le organizzazioni implementano sistemi di gestione dell’energia, come ad esempio la ISO 50001, ma in generale si può affermare che interventi di efficientamento (siano essi legati ai comportamenti/gestionali o relativi all’installazione di nuovi impianti/revaping) non debbano essere visti come fini a se stessi, ma inseriti all’interno di un processo di miglioramento continuo denominato PLAN-DO-CHECK-ACT.
Gli interventi devono essere:
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