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13 febbraio 2020  |  a cura di Industriale Viessmann  |  condividi con

Green Deal, l’Europa fa sul serio contro il cambiamento climatico

13 febbraio 2020
News

Con il Green Deal l’Europa vuole diventare il primo continente a impatto zero entro il 2050. Protagoniste le tecnologie pulite nell’industria, nei trasporti, nell’edilizia.

I Paesi europei saranno chiamati a compiere azioni decisive per la lotta contro il cambiamento climatico e tutte le tecnologie pulite in grado di abbattere le emissioni di CO2 dovranno essere adottate più di quanto non si è fatto finora.
L’obiettivo dell’Unione, infatti, è arrivare per il 2050 alla “neutralità climatica” diventando il primo continente a impatto zero: significa emettere una quantità di CO2 pari a quella che viene assorbita.

Con questo scopo lo scorso dicembre 2019 la Commissione Europea ha annunciato un piano assolutamente ambizioso, chiamato Green Deal, che contiene la strategia per i prossimi 30 anni. Il percorso sarà lungo e articolato in una tabella di marcia per i quali saranno predisposte misure importanti, soprattutto economiche.

Il piano prevede di aumentare i fondi pubblici per l’economia pulita e stimolare quelli privati, creare un quadro normativo più favorevole e fornire supporto alle Pubbliche amministrazioni e ai promotori dei progetti. Saranno coinvolti tutti i settori dell'economia, in particolare i trasporti, l'energia, l'agricoltura, l'edilizia e l’industria, soprattutto i comparti più inquinanti come l'acciaio, il cemento, il chimico e il tessile.

La prima tappa del percorso previsto dal Green Deal, spiegata in gennaio dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, è basata sul “Fondo per una transizione equa” (JTF, Just Transition Fund): si tratta di 7,5 miliardi di euro messi a disposizione per il periodo 2021-2027 che, sommati ad altri investimenti europei e dei singoli Paesi, dovrebbero diventare cento miliardi. Complessivamente, considerando anche tutti gli investimenti privati, si dovrebbero mobilitare ben 1.000 miliardi di euro in 10 anni.

Perché il nuovo fondo si chiama “equo”? Il motivo è semplice: si punta a promuovere una transizione che non sia penalizzante per quei Paesi basati ancora su un’economia fortemente dipendente dalle fonti fossili e caratterizzati da processi industriali ad alte emissioni (come la produzione dell’acciaio) che difficilmente potrebbero sostenere le spese di un cambiamento così veloce.

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I fondi del Green Deal per l’Italia

All’Italia, in particolare, dal JTF saranno messi a disposizione 364 milioni di euro che, sommati agli altri finanziamenti strutturali (Fesr e Fse) e ai fondi che il nostro Paese dovrà mettere in campo, diventeranno 1,3 miliardi.
Considerando poi gli altri investimenti privati e pubblici (soprattutto InvestEu, lo strumento finanziario che a partire dall’anno prossimo subentrerà al Fondo europeo per gli investimenti strategici) l’ammontare totale mosso dalla prima fase dal Green Deal in Italia dovrebbe arrivare a oltre 4,8 miliardi.

Primo beneficiario del JTF sarà la Polonia con 2 miliardi, seguita dalla Germania (887 milioni) dalla Romania (757 milioni), dalla Repubblica Ceca (581 milioni), dalla Bulgaria (458 milioni), e dalla Francia (402 milioni).
Espressa in euro/abitante, l’intensità dell’aiuto apportato all’Italia dal Fondo è pari a 6,0, analoga a quella della Francia.

Il Just Transition Fund prevede la possibilità di utilizzare i fondi pubblici per la modernizzazione di grandi impianti e la bonifica di siti contaminati, e i soldi saranno attribuiti in base a specifici progetti di riconversione ambientale ed economica che gli Stati dovranno sottoporre per approvazione alla Commissione Europea.

In particolare, le aree che avranno diritto al sostegno saranno individuate secondo alcuni criteri, tra i quali:

  • intensità delle emissioni di gas serra del settore industriale a livello regionale;
  • livello di emissioni e inquinamento, che devono essere doppi rispetto alla media europea;
  • numero addetti alle attività di estrazione di carbone e lignite;
  • produzione di torba;
  • produzione di shail oil (petrolio estratto da scisto bituminoso).

In base a questi parametri, le regioni italiane più favorite per accedere al JTF potrebbero essere Puglia e Sardegna (dove c’è il maggior numero di addetti legati al carbone), Piemonte (area interessata a riconversione industriale) e Lombardia, regione tristemente nota per livelli di inquinamento atmosferico bel sopra la media continentale.

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