Viessmann
3 maggio 2022  |  a cura di Francesco Tosi  |  condividi con

Come progettare correttamente un impianto a biomassa industriale

3 maggio 2022
Biomassa

Per progettare correttamente un impianto a biomassa industriale bisogna conoscere la richiesta termica, le caratteristiche del combustibile e i limiti di emissione imposti dalla normativa.


Indice dei contenuti
  1. Individuare la potenza termica richiesta dell’impianto a biomassa
  2. Conoscere il combustibile che si intende utilizzare
  3. Conoscere i limiti di emissioni in atmosfera da rispettare
  4. Per un impianto a biomassa industriale servono ampi spazi


Perché oggi ha sempre più importanza parlare di impianti a biomassa in ambito produttivo? Prima di tutto perché il caro energia spinge le aziende ad adottare soluzioni alternative ai combustibili fossili. Chi, oggi, ha un generatore di calore a biomassa per i propri processi industriali o per il riscaldamento aziendale, può contrare su costi di approvvigionamento energetico decisamente più bassi (e stabili) rispetto ai tradizionali impianti a gas o a gasolio. Inoltre, non bisogna dimenticare che i moderni impianti, regolati da una normativa molto stringente, garantiscono emissioni assolutamente paragonabili a quelle degli impianti a gas e non costituiscono più un elemento critico sul fronte dell’inquinamento ambientale.

“L’evoluzione normativa sulle emissioni di impianti a biomassa negli ultimi anni è stata veloce, ma la tecnologia si è adeguata. Oggi è fondamentale far funzionare impianti a biomassa tecnicamente all’avanguardia che possano rispettare le normative vigenti”.
Esistono tre fattori fondamentali che vanno valutati nella progettazione di un impianto a biomassa industriale, analizziamoli uno per uno.
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Individuare la potenza termica richiesta dell’impianto a biomassa

Un impianto a biomassa deve essere della taglia corretta per soddisfare la potenza termica richiesta. Un sistema sottodimensionato non sarà in grado di soddisfare a richiesta di calore, ma non è opportuno nemmeno installare un sistema sovradimensionato perché non funzionerà nel modo ottimale: una caldaia a biomassa legnosa, infatti, opera bene al carico massimo in modo costante.
Potere contare su un fornitore che offre un ampio range di potenze è quindi importante. Grazie alla partnership con Schmid AG, società svizzera specializzata nel settore fortemente focalizzata sull’innovazione, Viessmann fornisce in Italia caldaie a biomassa all’avanguardia con potenze da 35 kW a 8 MW e capaci di utilizzare differenti tipologie di biomasse legnose, indicate quindi per qualsiasi tipo di utilizzo commerciale e industriale. Grazie anche a proprio personale sul territorio, Viessmann effettua consulenza alla progettazione, montaggio in sito, manutenzione e assistenza.


Conoscere il combustibile che si intende utilizzare

Un generatore non può bruciare genericamente “biomassa legnosa”: esistono, infatti, differenti tipologie di biomassa regolate dalla normativa e con caratteristiche molto diverse; per ciascuna di esse si deve utilizzare una caldaia con caratteristiche specifiche, soprattutto per quanto riguarda il sistema di estrazione e trasporto della legna e i sistemi di trattamento fumi. È necessario, quindi, conoscere prima di tutto le caratteristiche della biomassa che si utilizzerà (meglio se da filiera corta per evitare i costi e l’inquinamento da trasporto) in termini di: contenuto idrico, pezzatura e contenuto di cenere. Solo avendo queste informazioni si potrà individuare la caldaia più adatta alle specifiche esigenze capire anche che tipo di manutenzione andrà effettuata.
Per quanto riguarda i tipi di combustibile, si distinguono in:
  • combustibili standard non trattati: segatura, trucioli di legno, cippato forestale, cippato industriale, corteccia, pellet di legno, legno proveniente da operazioni di manutenzione del paesaggio (ad ex potature);
  • combustibili standard trattati (scarti di lavorazione non provenienti da legno vergine): cippato industriale, pannelli truciolari e in MDF, altro legno trattato da mobilifici, cascame di legno, legno di recupero; in questo caso si tratta i rifiuti a tutti gli effetti che devono smaltiti dalle aziende, ma possono essere valorizzati rendendoli una fonte energetica; per questi combustibili la normativa del 1998 impone limtiti di emissione e controlli molto stringenti e sono quindi necessarie informazioni molto dettagliate sulle caratteristiche chimico/fisiche del combustibile (eventuale contenuto di zolfo, azoto, metalli pesanti, ecc).
  • combustibili speciali: bucce di castagne, scarti di cereali/paglia, tutoli di mais, semi, erbe provenienti da manutenzione del paesaggio, pallet di fieno pressato; con queste biomasse si devono utilizzare accorgimenti particolari (come la miscela con parti di cippato di legna), da valutare caso per caso, perché si tratta di materiali con temperature di fusione molto basse che possono “vetrificare” in camera di combustione.


Conoscere i limiti di emissioni in atmosfera da rispettare

La normativa sulle emissioni delle caldaie a biomassa, grandi e piccole, è diventata nel tempo sempre più restrittiva e oggi, diversamente dal passato, c’è anche una maggiore attenzione ai controlli in sito delle emissioni; bisogna essere certi, quindi, di individuare la caldaia a biomassa e i componenti accessori in grado di rispettare i requisiti specifici della normativa a cui si fa riferimento. Purtroppo, la normativa italiana è molto articolata e caratterizzata dalla sovrapposizione di prescrizioni nazionali e regionali, per cui le verifiche non sono semplici.
Ecco un elenco della normativa di riferimento da rispettare:
  • D.Lgs 15 novembre2017, n. 183 (nazionale);
  • D.M. 7 novembre2017, n. 186 (campo di applicazione fino a 500 kW);
  • Autorizzazione Unica Ambientale (per singolo impianto di grande taglia, normalmente più restrittiva rispetto alla normativa nazionale);
  • D.M. 16 febbraio 2016 - Conto termico 2.0 (per accedere agli incentivi)
  • Decreti Regionali (spesso più restrittivi della normativa nazionale)
  • Decreto 5 febbraio 1998 relativo al recupero energetico dei rifiuti non pericolosi (per l’utilizzo combustibile trattato, quindi legno non vergine).
Ciascuna normativa impone determinati requisiti emissivi da rispettare, quindi per progettare un impianto a biomassa è fondamentale, già in fase preliminare, conoscere l’ambito di applicazione in cui si sta operando. Questa analisi è importante anche per valutare i tempi di ritorno dell’investimento, soprattutto perché, a seconda della normativa e dei limiti di emissione da rispettare, varia anche il sistema filtrante, il cui impatto sui costi complessivi è notevole.


Per un impianto a biomassa industriale servono ampi spazi

Oltre ai tre elementi che abbiamo spiegato, c’è un altro fattore importante da considerare per l’installazione di una caldaia a biomassa: lo spazio. C’è chi pensa di sostituire un impianto a gasolio o a gas con un altro a cippato o a pellet mantenendo gli stessi spazi. Ma non è così: un impianto a biomassa, infatti, occupa spazi molto più importanti. Oltre all’ingombro del generatore di calore, che ha bisogno di spazio per poter sviluppare la fiamma, l’essiccazione, la gassificazione e la combustione completa del combustibile, ci sono il sistema di trattamento fumi e, soprattutto, lo spazio necessario per lo stoccaggio della biomassa, specialmente quando non c’è la possibilità di utilizzare materia prima di filiera corta caratterizzato da un approvvigionamento in tempi brevi. Bisogna sempre considerare che i volumi di combustibile presso il sito devono garantire un’autonomia in linea con i tempi di approvvigionamento dal proprio fornitore.

 

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